Fine della Presidenza francese dell’Ue: Sarkozy contro il Parlamento europeo

«Sono favorevole ad un’Europa degli stati forti», ha sostenuto Sarkozy davanti agli europarlamentari. Non avrebbe potuto scegliere un momento e un posto peggiore per sostenere questa tesi: un Presidente europeo che punta sulla preminenza del Consiglio d’Europa di fronte ad un’altra istituzione democratica come il Parlamento europeo. La democrazia europea si è in questa sede recentemente pronunciata contro la principale riforma che gli Stati forti d’Europa volevano imporsi ai cittadini europei: la direttiva sulle 65 ore di lavoro settimanali nell’Ue.
Il Parlamento che ha dimostrato di essere più forte di Sarkozy
Dietro un emiciclo in attitudine di beata ammirazione – tranne nel caso del leader dei Verdi Daniel Cohn-Bendit – Sarkozy è arrivato a dire che non scommetterebbe troppo su un’Europa forte. Un messaggio nefasto quando già tutti sano che in giugno ci saranno le elezioni europee e che sono cinque anni che l’astensione raggiunge il 56%. Quella di Sarkozy non è un modo intelligente di invitare la gente al voto. Gli avvenimenti immediati – un Parlamento che rifiuta la proposta del Consiglio europeo dietro le enormi pressioni ai parlamentari dalla parte di Brown, Berlusconi e altri governi dell’Europa dell’Est – hanno dimostrato che quello che mobilita gli europei è la speranza di un Parlamento forte, una voce critica prima delle negoziazioni a porta chiusa del Consiglio europeo e capace di frenare proprio questi «Stati forti».
Il Parlamento europeo ha dato una lezione d’indipendenza e di carattere questa settimana. Le elezioni europee restano qualcosa di attraente. I cittadini hanno la garanzia del fatto che il loro voto diretto ha più valore dell’opinione di qualche capo di stato o di governo che non ha ancora capito che non si può costruire l’Europa senza gli europei.